Il trattamento delle varici è cambiato moltissimo in questi ultimi anni. Negli USA i dati del Millenium Study Group hanno evidenziato come il classico intervento di stripping per insufficienza safenica sia passato dall’essere la procedura più utilizzata, a rappresentare meno dell’1% delle terapie (nel 1999 negli USA sono stati effettuati 155.000 interventi contro i soli 10.300 del 2013). Contemporaneamente la scleroterapia è diventata la terapia più utilizzata con 332.800 trattamenti nel 2013 che rappresentano ben il 31,8% di tutte le terapie dell’insufficienza safenica.
Anche nel nostro paese l’avanzata della terapia con schiuma sclerosante si è dimostrata inarrestabile e la sua diffusione negli ambiti dove si pratica una flebologia professionale è molto ampia.
Utilizzata per la prima volta in Spagna da Cabrera nel 1993 e da me introdotta nell’uso clinico in Italia nel 1997, la schiuma sclerosante è sicuramente il mezzo meno invasivo di trattamento dei grandi tronchi venosi perché permette un trattamento veramente ambulatoriale senza quasi modificare le abitudini familiari e lavorative del paziente.
Candidati a questa terapia sono in pratica la maggior parte dei pazienti con insufficienza safenica. Un diametro safenico di 1,2 cm distalmente la valvola preterminale era generalmente considerato un limite ma recenti innovazioni come la Laser Assisted Foam Sclerotherapy (LAFOS), hanno permesso di allargare agevolmente l’indicazione della scleroterapia a tutti i tipi di varici.
Il trattamento viene effettuato sostanzialmente con due modalità: mediante puntura diretta con ago o mediante l’utilizzo di un catetere. Nella la puntura diretta (sia con ago che con ago-cannula) il risultato terapeutico si ottiene mediante l’iniezione ecoguidata di schiuma di polidocanolo o di tetradecilsolfato di sodio. Con l’eco-doppler si può documentare con esattezza il corretto posizionamento dell’ago, la diffusione della schiuma e la formazione dello spasmo nelle aree trattate. Il trattamento con un catetere risulta un po’ più indaginoso per la necessità di un campo sterile ma in certi casi può risultare utile.
In ogni caso al paziente viene fatta indossare una calza (in genere di 2° classe) e consigliata una deambulazione prolungata e ripetuta per alcuni giorni.
I pazienti possono proseguire in genere con la loro attività lavorativa, si chiede solo di interrompere una stazione eretta o assisa prolungata con alcune piccole passeggiate nei primi giorni dopo il trattamento.
La bassa incidenza di complicazioni per un trattamento correttamente eseguito e gli ottimi risultati clinici mettono oggi la schiuma in primo piano come una terapia irrinunciabile nella gestione del paziente con insufficienza venosa cronica.